Regolarità Edilizia Tripla conformità e Due Diligence

Scritto da Antonio Martini

il 11 Gennaio 2020
Regolarità Edilizia

La recente emanazione di una Legge Regionale sul Legittimo Affidamento, fornisce lo spunto per fare una riflessione sull’àmbito nel quale esso trova sempre più spesso applicazione: la regolarità edilizia.

Esempio immobiliare

Anni ’60 del ‘900. Tizio costruisce una palazzina semplice: 2 negozi al piano terra, 2 appartamenti al primo piano, 2 al secondo, 2 al terzo mansardato, dotati di terrazza sulla copertura.

Esiste il progetto, ma questo non prevedeva le terrazze. Che pure sono presenti nelle planimetrie catastali.

Nel 2020 l’attuale proprietario intende vendere. L’acquirente, dopo il preliminare esegue una due diligence e riscontra che le terrazze non erano in progetto, porta in tribunale il proprietario. Il quale era tra l’altro in buona fede, e riteneva legittimi quegli spazi esterni, contestate invece dal Comune interpellato sul caso.

I giudici riconoscono ormai pacificamente il principio del Legittimo Affidamento, e in questo caso sentenzierà che: Tu Pubblica Amministrazione, con il tuo silenzio protratto per 50 anni (e non importa quale sia il motivo) hai rinunciato al tuo potere di veto. Il cittadino deve poter ‘fare affidamento’ sulla situazione consolidata.

Nel caso specifico, deve poter vendere in tranquillità, e l’acquirente deve poter essere altrettanto tranquillo nel suo investimento.

Situazione in Italia

La Storia dell’umanità scorre. Non solo nei libri, ma anche sotto ai nostri occhi, di persone viventi.

Chi oggi ha 50, 60, 70 anni o più, può dire di aver visto molti cambiamenti. Uno dei quali è stato il passaggio dall’edilizia libera, all’edilizia controllata dallo Stato, fino al ‘controllo’ dei dettagli più irrilevanti e francamente insensati.

Oggi il Comune di Padova commina una sanzione a chi esegue la potatura di un albero nel proprio giardino, senza autorizzazione. Questa è follia! Dittatura mascherata da civiltà. Lupi mascherati da agnelli. Per la cronaca, da lustri la città di Antenore è amministrata dalla sinistra.

In un precedente articolo abbiamo elencato la cronistoria delle principali norme edilizie italiane.

Chi scrive, ricorda ancora un aneddoto (reale) degli anni ’70. Uno studente geometra, disse al padre di un suo amico che erano entrate in vigore norme in base alle quali, per costruire una casa bisognava chiedere il permesso al Comune, e non era detto che fosse concesso. Bisognava vedere se il Piano Regolatore lo consentiva, e se si, bisognava pagare degli oneri.

Dalla libertà al controllo

La prima norma che introduceva i Piani Regolatori, era del 1942. L’avvio della produzione di tali strumenti, non potè oggettivamente avvenire prima degli anni ’50. Ovvero, attendere la fine della seconda Guerra Mondiale, e darsi il tempo di riprendere fiato.

A Padova, il primo Piano Regolatore ‘di Piccinato‘, è del 1954.

Il padre di quell’amico, come quasi tutti in Italia in quegli anni, era contadino, figlio di contadini. Nato e cresciuto in una società nella quale sul proprio terreno, si poteva costruire come e quando si voleva, senza dover chiedere niente a nessuno. Era già una conquista avere della terra propria. L’unico limite ‘naturale’ all’edificazione selvaggia, stava nel fatto che di soldi per costruire, non ce n’erano.

A fatica si realizzavano le case d’abitazione di campagna. Negli anni ’50, nel padovano, la costruzione tipica era rappresentata da ‘el casòn’

Un’umilissima casa in mattoni, con il tetto di paglia e il pavimento in terra, dove fianco a fianco, spesso, convivevano persone e bestie.

La reazione di Cesare

Al sentire quell’informazione, il vecchio Cesare rispose “Cossa xè?! E mì, par costruire ‘nà casa so a me tèra, dovarìa domandarghe el parmesso a qualche dùn, e stò quà el podarìa anca dirme de no!?… Atte poi imajnàte!“.

Come Cesare, molti italiani faticarono ad accettare la ‘cultura del permesso’, rilasciato da un ente nato per essere al servizio del cittadino, e pagato con le tasse imposte a quest’ultimo.

Per molti anni, si continuò a costruire senza permessi. Coloro i quali, diligentemente pagavano un regolare progetto e lo presentavano in Comune, poi costruivano sovente qualcosa di diverso. E di fare anche un progetto in Variante, non se ne parlava proprio.

La situazione reale

Non conosciamo l’intera Italia, ma possiamo dire che il Veneto e il Padovano, sono pieni di edifici costruiti nel periodo del famoso boom economico italiano: parzialmente o totalmente difformi dai progetti presentati. Se, presentati.

Fino al 1985 si sono compravenduti immobili privi di regolarità edilizia e documentale. Si poteva fare. Nessuna Legge obbligava il notaio a determinati controlli, o il venditore a determinati obblighi.

Nei decenni, il progredire delle norme dello Stato prima, dell’Europa poi, e dell’eterna disonestà dell’essere umano, hanno portato alla situazione attuale:

rigidità della teoria normativa, contro la realtà del costruito privo o carente di documenti

Quasi tutto quanto costruito prima degli anni ’80 ha qualche irregolarità, piccola o grande. O comunque, una carenza documentale.

Oggi

Degli edifici esistenti:

  • 15% costruito prima del 1918  +100 anni
  • 45% costruito tra 1918 e 1970   +50 anni
  • 15% costruito tra 1970 e 1980   +40 anni
  • 25% costruito tra 1980 e 2020  da 1 a 40 anni

Il totale degli edifici che costituiscono lo stock immobiliare italiano è di circa 12 milioni. Dentro ai quali ci sono circa 56 milioni di unità immobiliari. 31 milioni delle quali, residenziali.

Essendo un dato di fatto che le costruzioni abbiano iniziato ed essere documentalmente regolari dal 1980 circa, significa che il 75% degli edifici (quindi circa 9 milioni di edifici, per decine di milioni di unità immobiliari) è stato realizzato quando l’obbligo di progetti, calcoli, e dichiarazioni, non esisteva, o, se esisteva era disatteso.

Due Diligence

Termine anglosassone che può essere tradotto come ‘la dovuta diligenza’, o ‘diligenza del buon padre di famiglia’. La seconda espressione è presente nel Codice Civile, e indica quell’insieme di prudenza, buon senso, e accortezza che si presume abbia il padre di famiglia che non vuole mandare in rovina i propri figli e il proprio coniuge.

La Due Diligence immobiliare è costituita da una serie di verifiche, che il potenziale acquirente effettua in proprio, o incaricando un professionista.

Tali verifiche mirano ad appurare la regolarità edilizia, urbanistica, fiscale, catastale, legale, sull’immobile che si intende acquistare.

Se nel 1985 l’ufficio tecnico comunale più frequentato era quello Tecnico dell’Edilizia Privata, nel 2020 è diventato quello della richiesta di Accesso agli Atti. Ovvero l’ufficio presso il quale si chiede di poter prendere visione dei progetti originari, e di tutta la documentazione correlata.

Compravendite, contenziosi legali, aste giudiziarie, sono le principali motivazioni di tali verifiche.

Logica matematica

Se la meticolosità con cui si affronta oggi il 100% delle transazioni immobiliari, si trova di fronte la carenza documentale che caratterizza il 75% del patrimonio edilizio esistente, l’esito per una gran parte delle transazioni è pacifico:

  • si rinuncia all’acquisto

o

  • acquirente e venditore finiscono in tribunale

È una situazione di stallo. Lasciando stare i casi di abuso plateali -per i quali non spendiamo riflessioni- ci sono situazioni le cui irregolarità sono oggettivamente marginali.

Portare i cittadini a scontrarsi in tribunale -intasandolo- per questioni marginali che sono congenite al periodo storico, è illogico. Non giova a nessuno, se non alla categoria degli avvocati.

Lo stallo

Immaginiamo un appartamento, compreso in edificio condominiale che se non ha 100 anni, poco ci manca.

100 anni fa non c’erano altezze interne minime. I locali potevano essere alti 230 cm. Oggi vogliamo ristrutturare quell’appartamento. Il tecnico comunale ci dirà che dobbiamo avere per i bagni l’altezza minima di 240 cm, e per i locali principali 270 cm. È possibile? No. Cosa bisognerebbe fare? Non ristrutturare, e lasciare che l’edificio crolli, per poi ricostruirlo rispettando le attuali norme?

Del resto, anche al tecnico comunale servono gli strumenti normativi per poter dire “va bene, in questo caso possiamo andare in deroga.”.

Progetto e tripla conformità

Nell’ambiente dei tecnici progettisti si parla oggi della tripla conformità:

  • della documentazione depositata in Comune
  • del costruito, con la documentazione depositata in Comune
  • delle due precedenti, con la planimetria catastale

Queste 3 conformità costituiscono oggi la base sulla quale si può e si deve appoggiare un nuovo progetto edilizio su un edificio esistente.

In altre parole, se il proprietario di un edificio incarica un progettista per l’avvio di una pratica di ampliamento o ristrutturazione, il tecnico dovrà verificare che lo stato attuale dei luoghi sia regolare.

Verifica che ormai pretende l’ufficio tecnico di qualsiasi Comune.

Se non è regolare, c’è un abuso. Se c’è un abuso, non si può autorizzare un nuovo intervento edilizio.

Si tratta sempre di abuso edilizio?

È logico che se ho costruito una villetta singola in riva al mare, su area demaniale, o sono in combutta col politico locale corrotto o va demolita. Non c’è molto da discutere.

Ma se si tratta -come nell’esempio iniziale- di una terrazza sulla copertura, dobbiamo proprio andare avanti per anni, in discussioni tra proprietario e ufficio tecnico? Bloccare possibili compravendite? Obbligare l’acquirente a portare in tribunale il venditore? 

La discriminante temporale

C’è tutta una discussione, dedicata a quella postilla usata dal 1985 dai notai nei propri atti di trasferimento immobiliare, aventi per oggetto vecchi edifici:

“è stato costruito prima del 1967”

e questo avrebbe dovuto bypassare tutto l’aspetto della regolarità edilizia.

Non è esattamente così. Dipende. Da cosa?

  • siamo in un centro storico, o siamo esterni?
  • il Comune aveva un Piano Regolatore, all’epoca della costruzione?

Alcuni tecnici comunali, se l’edificio è in centro storico, riconoscono il pregresso rispetto al 1942 (data della prima Legge urbanistica) e non rispetto al 2 settembre 1967, entrata in vigore della ‘Legge Ponte’.

La data del 2 settembre 1967 è indicata all’articolo 40 della Legge 47/1985, il primo condono edilizio in Italia. Ma, scritto male quell’articolo, e tirato per i capelli dagli italiani, la data del 1967 è diventata ulteriore fonte di controversie tra proprietari e pubblica amministrazione.

Esistenza del Piano Regolatore

A nostro avviso la discriminante è solo una: esisteva un Piano Regolatore comunale all’epoca della costruzione? E questo, pianificava l’urbanistica sull’area in questione? Aspetto quest’ultimo, da non dare per scontato.

Se esisteva, allora c’era obbligo di progetto. Altrimenti no.

Preesistenza

L’edificio era pre-esistente, al momento dell’adozione del Piano Regolatore?

Alcuni Comuni eseguirono rilievi aerofogrammetrici (foto aeree) subito dopo la guerra. Serviva anche per i Piani di Ricostruzione post bellica.

Negli archivi storici del Comune o dello Stato, è possibile verificarlo.

Si può risalire fino al catasto napoleonico.

Non è detto che i documenti cartografici coprissero l’intero territorio, ma quì, dove la documentazione storica non può arrivare, entra in gioco il Legittimo Affidamento.

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